La Ginn incantatrice
Sin dove mi condurrai, ammaliatrice? Fino a che punto ti seguirò in questa strada insidiosa che procede tra le rocce, coperta di spine, che si inerpica di fronte a noi verso l'alto, che scende poi con le nostre anime fin nel profondo?
Mi sono aggrappato ai tuoi piedi e ho camminato dietro di te come un bambino che afferra la madre, dimenticando tutti i sogni, osservando la tua bellezza, facendo finta di non vedere il corteo di fantasmi che volteggiano intorno al mio capo, ammaliato dalla forza nascosta del tuo corpo.
Fermati con me per un po' in modo che possa vedere il tuo volto, guardami un attimo solo, in modo che forse potrei vedere nei tuoi occhi i segreti del tuo cuore e capire dai tuoi sguardi i segreti della tua anima.
Fermati un po', mia ginn, sono stanco di camminare, la mia anima trema per i pericoli della strada. Fermati, siamo ormai giunti al crocevia dove si abbracciano la morte e la vita, non farò altro passo fino a quando la mia anima non avrà visto i sospiri della tua e il mio cuore non avrà scoperto i misteri del tuo.
Ascolta, mia ginn incantatrice.
Ieri ero come un uccello libero, volavo tra i miei desideri, vagavo in cielo e mi sedevo sulle punte dei rami alla sera a contemplare palazzi e templi della città colorati dalle nubi, che il sole alla fine della giornata ha costruito e che lui stesso distrugge prima del tramonto. Ma ero come il pensiero, procedevo da solo ovunque si levasse il sole sulla terra e ovunque calasse. Felice delle bellezze della vita e delle sue delizie.
Ma ero come in sogno, mi muovevo rapidamente sotto l'oscurità della notte e entravo attraverso le fessure delle finestre nelle stanze delle vergini addormentate per giocare con i loro sentimenti. Poi mi fermavo a lato dei volti dei giovani e provocavo i loro desideri. Poi mi sedevo vicino ai letti degli anziani e mettevo a nudo i loro pensieri.
Oggi, oggi che ti ho incontrata, mia ammaliatrice, sono stregato dalle tue mani, e sono diventato come un prigioniero incatenato che procede verso l'ignoto, sono diventato come un ubriaco che chiede sempre più vino; vino che allo stesso tempo lo priva della forza di volontà e gli fa baciare la mano di chi lo ha percosso.
Ma fermati un istante, ammaliatrice, di modo che recuperi le mie forze e spezzi le catene che legano i miei piedi e infranga il bicchiere di veleno che tu mi hai porto e che io ho stimato buono.
Cosa vuoi che facciamo e quale strada vuoi che percorriamo?
Ho reclamato la mia libertà, forse vuoi che io sia un compagno libero che guarda dritto in faccia al sole e afferra il fuoco con una salda presa?
Ho spiegato le ali, forse diventi amica di un giovane che trascorre le giornate vagando come un'aquila tra le montagne, e che passa le notti disteso con un leone del deserto?
Forse ti rallegri dell'amore di un uomo che lo ritiene un compagno e lo rifiuta come padrone?
Forse sei soddisfatta della passione di un cuore che va in estasi, ma non si arrende e che si infiamma ma non si intenerisce?
Forse sei contenta dei desideri di un'anima che trema di fronte alla tempesta, ma non si spezza, che lotta con gli uragani, ma non viene rimossa da dove si trova?
Forse vuoi che io sia un compagno che non sottomette e non viene sottomesso?
Allora questa mia mano accarezzala con la tua mano delicata. E questo mio corpo toccalo con le tue mani delicate. E questa mia bocca baciala con baci lunghi, profondi e muti.
Tratto da "Le tempeste" di Kahlil Gibran